357 Ma Siena era Guelfa; i Bianchi, che prima della cacciata chiamavan sè stessi Guelfi, ma fin d'allora erano sospetti di ghibellinismo, ora poi, cacciati di Firenze, erano ivi più che mai detti Ghibellini e trattati per tali; ed essi stessi colle loro relazioni con gli antichi fuorusciti Ghibellini, davano corpo a quell'accusa. Così sempre succede; così vedesi nelle storie, così nella pratica. Bello è lo sdegno del buon Dino Compagni, Guelfo rimasto in città, contra quest'accusa di Ghibellinismo estesa ad ogni cacciato: «E parlò bene un savio huomo Guelfissimo, vedendo fare Ghibellini per forza, il quale fu il Corazza Ubaldini da Signa, che disse: E' sono tanti gli uomin che sono Ghibellini, e che vogliono essere, che il farne più per forza non è bene.»358 Ma continuarono a farsi per forza; e in breve, Ghibellini e Bianchi furono tutt'uno nelle persecuzioni altrui, e pur troppo sovente nelle proprie azioni. Dante, come gli altri, cacciato oramai dalla sua, dall'altre città Guelfe, ammesso nelle Ghibelline, consigliante, guerreggiante co' fuorusciti Bianchi e Ghibellini frammisti, Dante tenuto così d'ogni maniera per Ghibellino, s'accostò certo fin d'allora a' Ghibellini, diventò poi a poco a poco più e più Ghibellino, e mutò parte. Vedremo più giù fino a che segno, con quali intenzioni, con quali scuse: ma, in somma, pur troppo, mutò parte; e mutò da quella de' maggiori, da quella del popolo e della indipendenza italiana, a quella della signoria lontana e straniera. Non può e non debbe celarsi da chi voglia rettamente giudicar di Dante e de' suoi giudicii.
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