Bell'episodio, che lasciamo per il solito timore di metter mezzo il Poema in questa vita.397 Men bello, poi, ma più importante sarebbe tutto il passo del Purgatorio, dove Ugo Capeto, lo stipite de' reali di Francia, predice le sorti e le onte de' suoi germogli fino all'età di Dante: una narrazione, per vero dire, raccolta non nelle biblioteche e dalle storie, ma ne' trivii, dalle voci popolaresche ghibelline che ne correvano in Italia. Ma, per la detta ragione, ci contenteremo di riferire il fine, che mostra l'ira di Dante contra Bonifazio, moderata qui dalla sua generosità, ovvero dall'ira sua maggiore contra Filippo. Continua a dire Ugo Ciapetta:
Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso,
E nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un'altra volta esser deriso,
Veggio rinnovellar l'aceto e il fele,
E tra vivi ladroni essere anciso.
Veggio il nuovo Pilato sì crudele,
Che ciò nol sazia, ma senza decretoPorta nel tempio398 le cupide vele.
O Signor mio, quando sarò io lietoA veder la vendetta che nascosa
Fa dolce l'ira tua nel tuo segreto?
Purg. XX. 86-96.
E così termina quella predizione con questo sentimento d'ira e vendetta più vero nello scrittore, che verosimile nell'interlocutore beatificantesi in purgatorio.
Men bello ancora, intralciato di tutte le allegorie gia introdotte nel Poema e di altre tolte all'Apocalisse, e tempestato di parole, se non allora, ora sconce, è poi quel luogo del Purgatorio, dove probabilmente si rappresenta la Chiesa sotto figura d'un carro, l'imperio d'un'aquila, papa Bonifazio d'una volpe, la curia romana d'una meretrice, il re di Francia d'un gigante, e la parte ghibellina di sè stesso Dante, a cui parra volgersi la meretrice quando il gigante la ferì ec. ec.
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