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      Tanto che, questo Moroello lo zio, dopo parecchie fazioni guelfe in Lunigiana ed un capitanato in Milano, fu nel 1301 fatto capitano de' Lucchesi e di tutta la lega de' Neri; a capo della quale egli fu che, nella state del 1302, diè ai Bianchi fiorentini ne' campi Piceni presso a Pistoja una gran rotta, che precedette di poco e agevolò la rivoluzione fatta da messer Corso Donati e da Carlo di Valois in Firenze. Nè bastò ciò, ma ultimamente, nel 1306, egli era stato di nuovo questo Moroello lo zio, che avea ricondotta la lega Nera (compresavi ora Firenze) contro la nemica Pistoja; egli che l'avea presa pe' Lucchesi, egli che n'era rimasto primo podestà dato dagli alleati. Vedesi quindi, che se niuno mai fece danno a Dante, e doveva chiamare a sè l'ira di lui, e massime in un luogo dove rammenta la rotta de' suoi ne'campi Piceni, certo era questo Moroello. E tuttavia, con parole moderate, e quasi ammiratrici, trovasi rammentato nella feroce predizione di quel fatto gettata a Dante in Inferno dal ladro Vanni Fucci, furioso d'essere stato veduto e riconosciuto:
      Ma perchè di tal vista tu non godi,
      Se mai sarai di fuor de' luoghi bui,
      Apri gli orecchi al mio annunzio, ed odi:
      Pistoia in pria di Neri si dimagra;
      Poi Firenze rinnova genti e modi.
      Tragge Marte vapor di Valdimagra,
      Ch' è di torbidi nuvoli involuto,
      E con tempesta impetuosa ed agraSopra campo Picen fia combattuto;
      Ond'ei repente spezzerà la nebbia,
      Sì ch'ogni Bianco ne sarà feruto.
      E detto l'ho perchè doler ten debbia.
      Inf. XXIV. 140-151.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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