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      Ma nel terminare quello che mi parve importante a dire rispetto al Poema in generale, io m'avvedo d'aver del tutto trasandata una disputa che suol farsi da quanti ne discorrono: se, e quanto abbia Dante presane la idea da altri poemi anteriori, più o meno somiglianti. Vogliono gli uni, che sia presa l'idea dal Tesoro di Brunetto Latini;* altri da certa fiaba oltramontana ed oltremarina del Pozzo di San Patrizio; altri da certe visioni di Frate Alberico, o di non so quali altri Frati, ignote, oscure, dimenticate; opere tutte, delle quali quando fosser provate l'anteriorità e le somiglianze, ed anche l'essere state conosciute da Dante, non sarebbe provato altro, se non che elle poterono essere una delle tante reminiscenze, uno de' mille pensieri, onde si conformò il gran pensiero, l'idea ben altrimenti bella, sublime ed amorosa di Dante. Anche Omero ebbe a precursori o compagni altri cantori di patrie geste: anche Shakespeare altri poeti drammatici; nè Omero, Dante o Shakespeare furono assolutamente primi, ma primi grandi. In poesia, anzi nelle lettere, anzi in tutte l'arti, i grandi non sogliono inventar mai un genere nuovo; non han mestieri di ciò; si fan grandi nel genere dato loro dall'età, e l'originalità non suol essere se non pretensione dei piccoli. Lasciamo dunque, e quelle erudizioni dette da alcuni pellegrine, ma dai più inutili od importune; e più importune ancora, le dispute di priorità.
     
     
      CAPO OTTAVO.
      L'INFERNO.
      (1306-1308).
     
      Per me si va nella città dolente,
      Per me si va nell'eterno dolore,


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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