Tale idea, tale scempio, non poteva essere se non d'un secolo barbaro ancora, e seguente la diva religion nostra nelle sue severità, ed anzi esagerandole, più che non nella sua misericordia e mansuetudine. Condannabile, certo, e vituperato sarebbe a nostra età, chi imitasse pur da lungi Dante in ciò. Nella sua, in tale età dove la crudeltà era quella che si chiamava giustizia, ei credè forse fare non più che giustizia.
Ma fecela certo, gridando contra le città disordinate, parteggianti ed immorali del tempo suo. Quattro invettive sono nell'inferno contra Firenze,560 ed una per ciascuna contra Pistoja,561 Lucca,562 Siena,563 Pisa564 Genova,565 quasi in un crescendo sino al fine della Cantica. In tutto, questa, non tanto forse per il soggetto, quanto per il tempo e le disposizioni in che fu scritta, riuscì la Cantica dell'ira, appena temperata da qualche dolce parola di Beatrice, da alcune a Virgilio, e dal Canto di Francesca. Ma non tutto o sempre ira fu perciò lo scrittore. Amore, infinito amore era in lui, che non è in tanti imitatori ed ammiratori di lui. Coloro che non leggono se non l'Inferno, e non conoscono gli angeli e gli affetti del Purgatorio, e la Beatrice del Paradiso terrestre, e le gioie del Paradiso celeste di Dante, non conoscono se non la parte feroce, e lascian tutta la parte amorevole di lui. Chi non tema esaltare in sè le passioni amare, rilegga dunque continuamente l'Inferno; chi voglia temperarle co' dolci affetti, proceda al Purgatorio; chi voglia innalzar l'animo alle cose soprannaturali, legga il Paradiso: ma chi voglia conoscere Dante veramente, studii tutto il Poema, nel quale tutto sono ora aperti ma talor nascosti, i tesori di quella ricchissima natura.
| |
Dante Firenze Pistoja Lucca Siena Pisa Genova Cantica Cantica Beatrice Virgilio Canto Francesca Inferno Purgatorio Beatrice Paradiso Paradiso Dante Inferno Purgatorio Paradiso Dante Poema Amore
|