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      Dicono ei dicesse: niuno mai dei predecessori essere tornato d'Italia senza diminuzione di diritti e d'autorità. Tenendosi lontano, tennesi in buona pace con gli Italiani e co' papi; cui lasciò indisputati i diritti contesi loro fin allora sulla Marca, sulla Romagna, e su tutta l'eredità dell'antica contessa Matilda. Da questa politica astemia d'Italia del gran Rodolfo, possono i papi riconoscere non il diritto, ma il fatto della loro potenza temporale; le città italiane, lo sviluppo di lor libertà; e la casa d'Austria, il suo salire dalla condizione di gentiluomini a quella di principi, eguali prima, superiori poi ad ogni potenza germanica. Imperciocchè, attendendo a Germania sola, potè e seppe Rodolfo farsi obbedire più che non gli stessi antichi potentissimi Sassoni, Franconi e Svevi; e più che niuno di essi, accrescere i proprii stati ereditarii, togliendo l'Austria al suo particolare avversario Ottocaro re di Boemia, e lasciando questo in retaggio e la corona regia romana per elezione ad Alberto figliuol suo, l'anno 1298.
      E questi seguì la politica paterna, astenendosi d'Italia, e tutto adoprandosi ad aggrandir gli stati ereditarii. Ma troppo minor uomo che il gran Rodolfo, imperiò meno in Germania, e volle accrescere il retaggio non coll'arte larga delle conquiste a spese de' vicini, ma colla stretta delle usurpazioni sui sudditi. Quindi quella immortal resistenza, onde nacque la libertà giusta, moderata, unita e perciò durevole, degli Svizzeri. Avvenne il gran fatto nel 1307, mentre Dante pennelleggiava gli eventi grandi di tutta Europa; nè egli tuttavia degnò d'uno sguardo quegli eroi alpigiani, tanto poscia venerati, ma allora oscuri, poveri e nascosti agli occhi de' superbi, antichi e corrotti cittadini italiani.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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