Certo, se fossero stati conosciuti que' repubblicani montagnesi da Dante o da alcun altro de' nostri maggiori, avrebber potuto esserne invidiati, se non altro, per la moderazione: la quale fu poi principalmente serbata, quando, addì 1 maggio 1308, fu Alberto ucciso a tradimento per privata vendetta da Giovanni suo cugino, e fu il traditore ributtato di soglia in soglia da que' nemici mortali ma generosi dell'ucciso. E fu serbata la medesima moderazione dall'immortal cantore di questi fatti, Federigo Schiller. Troppo altrimenti, e quasi rallegrandosene, li rammenta Dante. Aveva Dante tal cuore in petto, da apprezzare quanto chicchessia qualunque generosità. Ma l'appassionato animo ghibellino non seppe perdonar mai ai due primi Austriaci quell'abbandono d'Italia, di che noi li lodiamo da lungi, ma a cui egli allora attribuiva il signoreggiare dell'invisa parte contraria. Ei pone, bensì, Rodolfo nella valle dei re in Purgatorio, ma così additandolo:
Colui che più sied'alto, ed ha sembiantiD'aver negletto ciò che far dovea,
E che non muove bocca agli altrui canti,
Ridolfo Imperator fu, che poteaSanar le piaghe ch'hanno Italia morta,
Sì che tardi per altri si ricrea.
Purg. VII. 91-96.
Ma ciò è un nulla, rispetto a quello che aveva detto un Canto prima, di lui insieme e d'Alberto; e si vede che quando ciò scriveva, egli era fresco della morte dell'ultimo, e sperava nel successore. Dante, imprecator di tante città nell'inferno, si fa qui imprecator di tutta Italia. E prima, troppo giustamente le rimprovera le divisioni; ma poi appone queste al non esservi discesi i due imperatori: il che quanto sia vero, ne giudichi ognuno dalla storia di quelle divisioni, e dopo, fino alla distruzione dell'imperio.
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