610 Segue un altro principio anche più meraviglioso a quell'età: dover ogni speculazione politica aver per iscopo l'utile della civiltà del genere umano,611 e scopo della civiltà essere il promovimento, lo sviluppo della potenza intellettiva di tutto il genere umano.612 Nemmeno a' nostri tempi, nei quali tanto di ciò si discorre, nulla di più largo e di più preciso insieme non fu detto da nessuno.
Ma subito l'autore si svia. La monarchia ch'ei cerca a promuovere, non è quella di niun re su niun popolo particolare, nè egli contende per questa forma di governo contro quella dell'aristocrazia o della democrazia; che anzi, queste tre forme, queste tre politiche, ei le chiama oblique e incompatibili colla libertà.613 La monarchia desiderata da Dante, è la monarchia universale.614 Ai nostri dì, che le nazioni conformate felicemente ognuna in sè, non hanno nulla così caro, nulla così santo in terra quanto siffatta nazionalità, di nulla tanto ringraziano il cielo come d'averla, ovvero di nulla il pregano come di ottenerla; basta espor tal desiderio per farlo parere a un tempo impossibile all'effetto, e quasi empio a concepire. Ma non così allora. Qui abbiano la confessione di uno de' rei, confermata, del resto, dall'intiera storia da Carlomagno fino a Carlo V. Lo scopo, la speranza, il diritto preteso e propugnato dagli Imperadori e dalla loro parte sotto qualunque nome d'imperiale o ghibellina, non fu altro se non quella monarchia universale, tanto a' nostri dì, non so qual de' due più, od aborrita o derisa.
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Dante Carlomagno Carlo V Imperadori
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