626 Ma l'autore tralasciò di additarci i mezzi di far concordare queste due contrarie esistenze; a quel modo appunto, che un altro grande scrittore, ma utopista anch'egli de' nostri dì, tralasciò d'accennarci la possibilità della concordanza del governo tribunizio da lui proposto, con altre forme governative pur da lui lodate.
Più strano forse che non il primo, è il secondo libro. Il diritto d'imperio universale del popolo romano è provato con un gran sillogismo, che comprende quasi tutto il trattato, e corre così: 1° il diritto o jus non è altro che il volere di Dio, identico con ciò ch'è voluto da Dio.627 2° Ma Dio volle l'imperio del popolo romano, poichè questo fu il più nobile e il più virtuoso;628 poichè Dio fece miracoli per esso;629 poichè lor fine fu sempre il ben pubblico o universale;630 poichè tal popolo fu ordinato dalla natura ad imperiare;631 poichè Dio manifestò il suo giudicio nel duello che si fece tra esso e gli altri popoli per l'imperio.632 3° Dunque, il popolo romano ebbe diritto all'imperio: se non l'avesse avuto, se tal imperio non fosse stato de jure su tutto il genere umano, Nostro Signor Gesù Cristo, nato sotto esso e morto per giudicio d'un giudice di esso, non sarebbe morto per opera del genere umano intiero, nè così a sconto del peccato del padre di esso.633 Vedesi a quali assurdità tragga la ricerca dei fatti a prova d'un cattivo argomento. Qui un fatto è provato buono solamente da ciò che è succeduto; e la umana redenzione è ridotta a non esser legittima, a non servire se non ai sudditi del sacro romano imperio.
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