Giunto al balzo superiore de' lussuriosi, i quali si purgano in fiamme, Dante si sbigottisce; ma per la brama di veder Beatrice al di là di quelle, ei le attraversa; e sale quinci alla cima del monte, ov'è il Paradiso terrestre, tagliato da Lete fiume dell'oblio. Lungo il quale, mentr'egli sta discorrendo con Matelda che coglie fiori sulle sponde,670 apparisce finalmente all'altra sponda su un carro (intorno a cui il Poeta troppo desideroso adunò forse soverchi ornamenti ed allegorie) la tanto annunziata Beatrice: e allora sparisce Virgilio, e Dante passa da momentaneo dolore a gioia infinita, per vergognarsi poi a' rimprocci ricevuti, e poi pentirsi, e quindi esser tuffato in Lete; e dimenticar sue colpe, e fissare allora gli occhi suoi negli occhi di lei, e da tale sguardo esser tratto dietro lei, che fissando il sole s'innalza alle stelle.671
Mirabile composizione è questa tutta per serenità, unità, proporzione di parti ed accrescimenti d'interesse. Se non che, finita così verso la metà del canto XXXI, si prolunga per due altri Canti e mezzo, ripieni delle più intricate e quasi inestricabili allegorie. Sono principali quella dell'Aquila imperiale, che lascia le penne; e d'una meretrice sedente su un carro, nel quale certo rappresentò Dante la corte d'Avignone; e d'un drudo, il quale la batte, perch'ella rivolge gli occhi a lui Dante, che s'interpreta per Filippo il Bello, sdegnato del barcheggiare o di Bonifazio o di Clemente. Sulle quali allegorie quantunque molto sia stato scritto, molto si potrebbe scrivere ancora; ma sarebbe un fermarsi a ciò che è insieme meno certo e men bello in tutta la Commedia.
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