E in così fatta maniera avendoglieli tutti, fuorchè gli ultimi tredici Canti, mandati; e quelli avendo fatti e non ancora mandatigli, avvenne ch'egli, senza avere alcuna memoria di lasciarli, morì.»695
Veramente, il Boccaccio descrivendo siffatto modo di pubblicazione, accenna al Poema intiero; ma dicendo poche pagine appresso di quella dedica delle tre Cantiche ai tre, Uguccione, Moroello Malaspina e Federigo di Sicilia, ed aggiungendo «alcuni vogliano dire lui averlo titolato tutto a messer Cane,»696 chiaro è che egli reca due voci pubbliche, sorte allora dal non sapersi la sostituzione fatta di Cane in luogo di Federigo; ed è probabile che quel modo di pubblicazione Canto per Canto, è da intendersi de' venti primi soli del Paradiso. Ma di questa e d'altre dispute Dantesche, diciam pure col Boccaccio: «ma qual si sia di queste due la verità,.... egli non è sì gran fatto, che solenne investigazione ne bisogni.»697
Più importante per noi è quella confessione di povertà che nell'ultima righe fa Dante. Confessione, anche questa, la quale contenendo quasi una domanda, scandalezzerà taluni, i quali altieri credendosi, nol sono abbastanza per far apertamente ciò a che la fortuna li costringe. Ad ogni modo, i medesimi sensi e quasi le medesime parole della lettera sono poi tradotti in versi dal Poeta in quel lungo dialogo tra esso e Cacciaguida proavo suo, onde già togliemmo ciò che appartiene ad ogni periodo di nostra storia. Qui è primamente da osservare, che tutto quel suo vanto di nobiltà disdice meno assai tra la miseria in che si trovava.
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