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      Il quale dunque, esule dalla patria, dimorando appresso a Can Grande, universal consolatore e rifugio allora degli afflitti, fu prima veramente da lui tenuto in onore, ma poscia a poco a poco incominciò a retrocedere ed a piacere di dì in dì meno al signore. Erano nel medesimo convitto istrioni e parasiti d'ogni genere, come s'usa; uno de' quali, procacissimo per le sue parole e li suoi gesti osceni, molta importanza e grazia otteneva appresso a tutti. E venendo Cane in sospetto, essere ciò di mal animo sopportato da Dante, fatto colui farsi innanzi, e grandemente lodatolo a Dante: io mi meraviglio, disse, come si faccia che costui così scemo abbia pur saputo piacere a noi tutti e sia da tutti amato, che nol puoi tu, il quale sei detto sapiente! E Dante, non te ne meraviglieresti, rispose, se sapessi che la causa dell'amicizia sta nella parità de' costunni, e nella somiglianza degli animi.»708
      Narrasi poi, che a quella mensa troppo largamente ospitale, dove con un Dante sedevano giullari e facevansi tali celie, scortesi in ogni gentile persona, ma vili da superiore a inferiore, fu una volta nascosto sotto al desco un ragazzo, che raccogliendo le ossa là gettate, secondo l'uso di que' tempi, da' convitati, le ammucchiasse a' piedi di Dante. E levate le tavole ed apparendo quel mucchio, il signore facendo vista di meravigliarsene: certo, disse, che Dante è gran divoratore di carni. A cui Dante prontamente: Messere, disse, voi non vedreste tant'ossa se cane io fossi.709
      Ma, oltre la magnificenza scortese del signore, e la superbia difensiva od offensiva del rifugiato, ci è accennata dal sagace Autor del Veltro una più seria cagione di dispareri che potè essere tra i due.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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