L'ascensione dal paradiso terrestre in cima del purgatorio alla Luna, e di questo infino poi agli altri cieli superiori, si fa per Beatrice fissando com'aquila gli occhi al sole, e quindi sempre più su verso il trono di Dio; e per Dante, fissandoli in quelli di lei, che diventano via via più lucenti, ed ella più ridente, quanto più vassi innalzando. Beatrice gli spiega naturale tal innalzamento e per lo gran mare del«l'essere»740 a Dio, cui tutto tende, solo che sien tolti gli ostacoli, i quali tengono ogni forma al luogo suo. Belle, magnifiche invenzioni, per vero dire, e, s'io non m'inganno, di gran lunga più poetiche che non le due fabbriche dell'imbuto o cono scavato per l'inferno, e della piramide o cono alzato per il purgatorio. Quand'era universale l'opinione che poneva gli uomini al centro del mondo, creato così tutto per essi, niuna migliore spiegazione poteva darsi de' cieli, niuna più bella contemplazione farvisi, niuna immaginazione spaziarvi così largamente e sollevarvisi così alto. Ma io non mi posso tener di pensare, quanto più alta ancora, e più varia, e più e più contemplatrice e ammiratrice sarebbe stata la poesia, sarebbe stato il Paradiso d'un Dante, se fosse stato sorretto da quella scienza più nuova, che fa la terra materiale così poca parte del mondo solare, parte questo d'altri mondi, compresi in altri con infinitezza inconcepibile a noi; noi creature, noi spiriti superiori in ordine a tutta questa materia, ma più o meno simili forse ad altre creature spirituali, tutte da tutti i punti contemplanti, adoranti l'essere, lo spirito infinito, tutte tendenti a lui, da cui e per cui siamo create.
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