Vergine madre, figlia del tuo figlio,
Umile ed alta più che creatura,
Termine fisso d'eterno consiglio!
Tu se' colei che l'umana naturaNobilitasti sì, che 'l suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.756
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
Per lo cui caldo nell'eterna paceCosì è germinato questo fiore.757
Qui se' a noi meridïana faceDi caritade, e giuso intra mortali
Se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande, e tanto vali,
Che qual vuol grazia e a te non ricorre,
Sua disianza vuol volar senz'ali.
La tua benignità non pur soccorre,
A chi dimanda, ma molte fïateLiberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
In te magnificenza, in te s'adunaQuantunque in creatura è di bontate.
Or questi che dall'infima lacunaDell'universo, infin qui ha vedute
Le vite spiritali ad una ad una,
Supplica a te per grazia di virtute,
Tanto che possa con gli occhi levarsiPiù alto verso l'ultima salute.
Ed io, che mai per mio veder non arsiPiù ch'io fo per lo suo, miti i miei preghi
Ti porgo, e prego che non sieno scarsi,
Perchè tu ogni nube gli disleghiDi sua mortalità co' prieghi tuoi,
Sì che 'l sommo piacer gli si dispieghi.
Ancor ti prego, Regina, che puoiCiò che tu vuoli, che conservi sani,
Dopo tanto veder, gli affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
Vedi Beatrice con quanti beatiPer li miei prieghi ti chiudon le mani.
Parad. XXXIII. 1-39.
E così, le mani giunte, e tra l'anime più beate a pregar Maria Vergine per lui, lascia Dante finalmente la sua Beatrice: così certo erasi ella presentata a lui nella visione originaria del Poema.
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