«Ma, innanzi ad ogni e cosa, vieni,» diceva «o maestro, a Bologna por prendervi la corona poetica dell'alloro.»772 E pressandonelo poi nella seconda egloga, gli prometteva di fargli conoscere i versi del Mussato, che Dante aveva probabilmente gią conosciuto di persona in Verona o in Udine. «Ma Guido tuo» aggiungeva «non patirą che tu lasci Ravenna o la bella Pineta che la cinge sull'Adriatico.» Rispondeva Dante alle cortesi premure con due altre egloghe nella medesima lingua; di tanto, ma non pił, compiacendo il latinista, il quale non sapea forse esser ceppi a un Dante qualunque lingua morta, ed aver esso tentata gią e rigettata la impossibile impresa di restaurarla. «Grato, poi, gli sarebbe» rispondeva «ornar il capo della corona d'alloro in Bologna; ma meglio ancora in patria, se mai ritorneravvi, nascondere la canizie sotto qualunque fronda.773 Quando come gl'interi regni saran noti (patebunt) per li suoi Canti, i corpi discorrenti intorno del mondo e gli abitatori degli astri, allora gioverą cinger d'edera e d'alloro le tempia.774 Nč egli saprebbe anteporre Polifemo al suo Jola.775» Dove, oltre alla sua contentezza dell'ospizio di Guido, che č questo Jola, vedesi che Dante aveva allora terminato di comporre ma non di pubblicare il suo Paradiso; ch'egli era, quindi, confortato dagli amici ad accingersi ad altro assunto; e che qua e lą si trattava del dargli la corona poetica. Era, s'io non m'inganno, tal'incoronazione cosa nuova;* ed immaginata, forse, da Dante stesso, o per similitudine alle lauree in altre scienze da lui vedute in parecchie universitą; o principalmente, quasi a compenso e riparazione della vergogna offertagli in San Giovanni, ondechč in questo ed in nessun altro luogo voleva essere incoronato.
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