E nel V.
Ciascuno m'è nemico ed avversario;
Tutto lo giorno mi vituperava,
E diffamava con parlare vario.
E quei che nel passato mi lodavaCon sue parole e con lusinghe tenere,
Di lor ciascuno mi vituperava:
Perch'io mangiava, come il pan, la cenere,
E 'l mio ber mescolava con il pianto,
Per contrastar alla focosa Venere.
E più giù, dove, certo, pensava a Firenze:
Tu sei, Signor, la luce chiara e pura,
La qual levando su senza dimora,
Farà la rôcca di Sion sicura.
Per ch'egli è venuto il tempo e l'oraDi aiutar quella gentil cittade
Ch'ogni suo cittadino sempre onora:
Ed è ragion che tu l'abbi pietade,
Però che le sue sante mura piacque782
Alli tuoi servi pieni di bontade;
Li quali udendo li sospiri e l'acqueE li lamenti e i guai di quella terra,
A perdonarle mai lor non dispiacque.
Oltre i versi del medesimo Salmo citati in fronte al presente capitolo, e tutto il De profundis (Salmo VI), che son forse i migliori.783 In tutto, tutti questi versi di Dante non sono certo dei migliori, ma non mi sembran pure indegni di lui. Che se tali paressero ad altri, ei si vorrebbe dire, tutt'al più, effetto della prematura ma non incomprensibile caducità di lui. Ad ogni modo, vi son così chiari il suo stile, il suo verseggiare, le sue reminiscenze, che non è ragione di non attribuirli a lui. E non potendosi ciò far nè dire, dissesi ch'ei facesse queste sue poesie religiose per ischermo di certe persecuzioni ecclesiastiche. Ma di queste, contra Dante vivente, non ne è memoria storica; e poi, giudichi ognuno se fosse probabile o necessario un tale schermo a Dante, che ne aveva tanti uguali quanto a forza religiosa, e di gran lunga superiori quanto a poesia, nel Poema sacro.
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