»799 Segue poi a narrare quella visione, avuta da Iacopo all'ottavo mese dopo la morte di Dante, e riferita da un valentuomo Ravegnano discepolo di lui, nomato Piero Giardino. Certo, con tale aggiunta il Boccaccio toglie autorità a tutto il fatto. Ma parmi che lasciando ciò che altronde si arguisce di falsità, si debba serbare fede al restante. L'interruzione d'amicizia tra Dante e lo Scaligero ci fa parer molto naturale la sospensione dell'invio degli ultimi Canti, e così la non pubblicazione di essi, confermata dall'egloga o lettera a Giovanni di Virgilio. L'esilio e le altre sventure di Dante fanno in lui naturale qualunque sospetto, e così poi l'aver esso nascosto quel resto del prezioso manoscritto; e la brevità dell'ultima malattia, i pensieri profondamente e sinceramente cristiani di Dante, che dovettero preoccuparlo in quella; e così, chi sa quali ritorni di carità, che talor moderano vendetta od anche giustizia in chi scrive; tutto può spiegare l'aver esso taciuto di quel ripostiglio: il quale potè poi esser trovato per una di quelle reminiscenze confuse, diurne o notturne, che sembrano talora ispirazioni soprannaturali. Ad ogni modo, e quanto più o meno si voglia accettare dal Boccaccio, mi pare che risultino certi questi due fatti: che il Poema era alla morte di Dante pubblicato tutto, salvo quegli ultimi tredici Canti; e che questi furono pubblicati coll'invio a Can Grande, pochi mesi o un anno forse dopo la morte di Dante da' figliuoli. Imperciocchè, questi due dovettero essere fatti pubblici; nè Jacopo o Pier Giardini o il Boccaccio avrebbero ardito inventarli, se non veri.
| |
Iacopo Dante Ravegnano Piero Giardino Boccaccio Dante Scaligero Canti Giovanni Virgilio Dante Dante Boccaccio Poema Dante Canti Can Grande Dante Jacopo Pier Giardini Boccaccio Imperciocchè
|