805 Dice un autor francese, e debbe riferirsi a questo secolo o al principio del seguente, «che rappresentavasi in Francia il poema di Dante, a quel modo che anticamente in Grecia i Rapsodi andavano rappresentando l'Iliade per le città e per le ville, prendendo uno de' cantori a dire il racconto del poeta, e gli altri le parole de' personaggi.»806 Ma quegli che diè la spinta incomparabilmente maggiore di tutte alla gloria di Dante, fu senza dubbio il buono, il gentile, il non invidioso Boccaccio. Preso, come pare, fin dalla sua gioventù, e così poco dopo la morte di Dante, di grandissimo amore per lui, ne scrisse quella Vita, in che certo sono molti de' difetti dello scrittore, declamazione, ridondanza di parole, pochi fatti comparativamente, niuni quasi de' politici, alcuni evidentemente falsi; ma che nei particolari i quali concordano coll'altre memorie, in quelli concordantissimi dell'amore a Beatrice, debbe, come sola Vita contemporanea, tenersi in gran conto, anzi in massimo, a malgrado delle superbe parole di Leonardo Aretino, non guari più ricco di fatti nè più esatto di lui.807 Ancora scrisse il Boccaccio forse uno di que' sunti in versi;808 e, copiato di propria mano un codice della Commedia, mandollo con una lettera al Petrarca;809 il quale poi rispose con una lettera che gli ammiratori di lui vollero dire spuria, ma che provata pur troppo vera, dimostra tanto più quanto più male ei se ne scusa, quell'invidiuccia già da noi notata altrove.810 Alla quale, per rispetto al secondo padre della nostra lingua, non fermandoci, e continuando con più piacere a dir della devozione del terzo al primo di tutti; trovasi, gentil memoria per ogni verso, che nel 1350 dal pubblico e dalla repubblica di Firenze furono dati «a messer Giovanni di Boccaccio fiorini dieci d'oro, perchè gli desse a suora Beatrice, figliuola che fu di Dante Aleghieri, monaca nel monastero di San Stefano dell'Uliva di Ravenna.
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