E quando, dopo una partita a boston o un discorso sulle vigne, si veniva a parlare di Grandet, quelli che se ne intendevano esclamavano:
- Papà Grandet?... Papà Grandet deve avere dai cinque ai sei milioni.
- Lei è piú abile di me: io non ho mai saputo il totale di Grandet - rispondevano il signor Cruchot o il signor des Grassins alle insinuazioni.
Quando qualcuno di Parigi parlava dei Rothschild o del famoso signor Laffitte, quei di Saumur domandavano se erano ricchi come il signor Grandet. Se il parigino rispondeva con uno sguardo di sorridente degnazione, quei di Saumur lo guardavano scuotendo la testa con un'aria di incredulità. Tanta fortuna copriva di un manto d'oro tutte le azioni di questo uomo, e se dapprima qualche particolare della sua vita si offriva al ridicolo e alla beffa, ora erano del tutto scomparsi: nei suoi minimi atti, il signor Grandet aveva ormai l'autorità della cosa giudicata.
La sua parola, il suo vestire, i suoi gesti, il suo ammiccare eran legge per il paese, ove ciascuno, dopo averlo studiato, come un naturalista studia gli effetti dell'istinto degli animali, avrebbe potuto riconoscere la profonda e silenziosa saggezza dei suoi piú piccoli atteggiamenti.
- L'inverno sarà rude - si diceva. - Papà Grandet ha messo i guanti foderati: bisogna vendemmiare.
Altri dicevano: - Papà Grandet prepara legname: dunque ci sarà buon vino quest'anno.
Il signor Grandet mai comprava carne o pane, perché i suoi fittavoli gli portavano ogni settimana una sufficiente provvista di capponi, polli, uova, burro e grano della sua rendita: inoltre aveva un mulino, il cui conduttore, per contratto, era obbligato di rilevar da lui una certa quantità di frumento e riportargli crusca e farina.
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