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      La grossa Nannina, sua unica serva, quantunque non piú giovane, faceva ella stessa tutti i sabati il pane per la famiglia. Grandet si era poi accordato coi suoi ortolani locatari perché gli fornissero legumi: quanto alle frutta ne raccoglieva tanta che gran parte la vendeva al mercato. La legna da ardere era tagliata dalle sue siepi o consisteva in vecchi fastelli mezzo marci che disponeva ai limiti dei suoi campi, e i fittavoli gliela portavano in città, gliela disponevano a modo nella legnaia e ricevevano i suoi ringraziamenti. Le sue sole spese conosciute erano quelle per il pane benedetto, per i vestiti della moglie e della figlia, per l'affitto delle sedie in chiesa, per la luce, per il salario della grossa Nannina, per la saldatura delle sue casseruole: di piú il pagamento delle imposte, restauri dei fabbricati e manutenzioni dei terreni. Aveva poi seicento iugeri di bosco acquistato recentemente che faceva sorvegliare dal guardiano di un vicino: a quel poveraccio di guardiano aveva promesso una indennità: soltanto dopo questa compera cominciò ad apparire nella sua tavola la cacciagione. I modi di questo uomo erano semplicissimi: parlava poco e generalmente esprimeva le sue idee con frasi brevi e sentenziose, a voce bassa e dolce. Dopo la Rivoluzione, epoca nella quale egli attirò la comune attenzione, il nostro caro uomo balbettava non appena doveva discorrere a lungo o sostenere una discussione. Questo tartagliare, l'incoerenza delle sue parole, il flusso delle parole dove annegava il suo pensiero, la sua apparente mancanza di logica attribuita a un difetto di educazione erano affettate, volute: e saranno a sufficienza spiegate da qualche avvenimento di questa storia.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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