Tale figura esprimeva una finezza pericolosa, una probità senza convinzione, e l'egoismo di un uomo abituato a concentrare i suoi pensieri nella gioia dell'avarizia, e convinto che il solo essere che valesse qualche cosa fosse sua figlia Eugenia, unica ereditiera. D'altra parte gli atti e i modi, tutto in lui denotava quella fiducia in sé di chi ha l'abitudine d'essere riuscito in tutte le sue imprese. E cosí, quantunque in apparenza di costumi facili e pieni di blandizia, il signor Grandet aveva un carattere di bronzo. Chi lo vedeva oggi lo avrebbe visto con la stessa foggia di vestire del 1791: si stringeva con cinghie di cuoio le grosse scarpe e portava in ogni stagione calze di lana, calzoni corti di panno grosso marrone con bottoni d'argento, un panciotto di velluto a righe gialle e scure con doppia fila di bottoni, un largo soprabito marrone, una cravatta nera e un cappello da quacchero. I guanti, solidi e ruvidi come quelli dei gendarmi, gli duravano venti mesi, e per conservarli puliti, li adagiava sempre sul medesimo bordo del cappello, con un gesto metodico: Saumur altro non sapeva di questo personaggio.
Soltanto sei abitanti avevano il diritto di entrare nella sua casa. Il piú considerevole dei primi tre era il nipote del signor Cruchot: dopo la sua nomina di prima istanza a presidente di Tribunale a Saumur, questo giovane aveva aggiunto al nome di Cruchot quello di Bonfons, e si sforzava di far prevalere Bonfons su Cruchot. Egli già firmava C. de Bonfons; e chi aveva qualche lite ed era cosí ingenuo da chiamarlo signor Cruchot s'accorgeva subito della propria dabbenaggine, perché il magistrato proteggeva sí, chi lo chiamava signor presidente, ma addirittura favoriva con il piú grazioso dei suoi sorrisi gli adulatori che gli dicevano signor de Bonfons.
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