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      Dall'angusto graticcio, attraverso cui si riconoscevano gli amici nei tempi di guerra civile, si offriva allo sguardo dei curiosi, in fondo a una volta scura e verdastra, qualche scalino slabbrato che dava accesso a un giardino chiuso da mura grandi, umide e piene di arbusti malaticci. Eran mura del bastione su cui si aprivano i giardini delle prossime case. Al pianterreno la stanza principale era una specie di sala attigua all'uscio di strada.
      Pochi conoscevano l'importanza d'una sala nelle cittaduzze dell'Angiò, della Turenna e del Berry, dove la sala fa da anticamera, salotto, studio, spogliatoio e sala da pranzo; il teatro della vita domestica, il focolare comune. Là il barbiere dei dintorni veniva due volte l'anno a tagliare i capelli al signor Grandet, là entravano i fittavoli, il curato, il sottoprefetto e il garzone del mugnaio. Quella camera con due finestre sulla via aveva il pavimento di legno, e tutt'intorno la decoravano dall'alto in basso assiti chiusi in modanature antiche; il soffitto era di travi a tinte grigie, e gli interstizii erano ripieni di borra bianca che sempre piú ingialliva. Una vecchia lastra di rame incrostata d'arabeschi, ornava la cappa del caminetto in pietra bianca male scolpita, e, al disopra, in vetro verdastro, con gli angoli smussati per lasciarne scorgere lo spessore, rifletteva un filo di luce lungo uno specchio gotico in acciaio damascato. I due candelieri di rame indorato posti ai due canti del camino servivano a un doppio uso: togliendo le rose portacandele e il cui ramo principale s'incassava in un piedistallo di marmo azzurrastro con ornamenti di rame vecchio, questo poteva adoperarsi come candeliere nei giorni ordinarii.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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