Benché ridicola in apparenza, quella donna, che, tra la dote e le eredità successive, aveva portato a papà Grandet piú di trecentomila franchi, si era sempre sentita profondamente umiliata entro di sé per l'ilotismo a cui la si condannava, e, non sapendosi per innata dolcezza ribellare, si era limitata a non chiedere mai un soldo e a non fare obiezione per gli atti che mastro Cruchot le presentava da firmare. Questa fierezza sciocca e segreta, questa nobiltà d'animo disprezzata e ferita da Grandet, regolava la condotta della povera creatura. Ella portava tutti i giorni un abito di levantina verdastra che le durava quasi un anno, un grande fazzoletto bianco, un cappello di paglia cucita e un grembiule di panno nero; e, poiché usciva poco di casa, le sue scarpe si logoravano di rado; insomma, non chiedeva nulla per sé. Da parte sua, il marito, preso a volta da qualche rimorso e ricordandosi che da un pezzo non le aveva dato le sei lire, metteva sempre la condizione di un'offerta per lei quando concludeva le vendite dei generi. I quattro o cinque luigi sborsati dall'Olandese o dal Belga che acquistava il mosto formavano la rendita annua piú importante per la signora Grandet; ma quando essa aveva ricevuto quel denaro, il vecchio bottaio considerava comune la borsa e le diceva:
- Hai qualche soldo da prestarmi? -
La povera donna, lieta di essere utile in qualche modo a un uomo che il confessore le indicava sempre per suo signore e padrone, gli restituiva durante l'inverno parecchi scudi di quella somma.
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