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      - Mi permettete oggi di augurarvi molti anni felici e tanta salute quanta ora ne godete? -
      Offerse il gran mazzo di fiori, rarissimi a Saumur, la strinse per le braccia con tal sentimento di soddisfazione, che la fanciulla ne arrossí. Il presidente, che somigliava proprio ad un gran chiodo arrugginito, credeva in tal modo di farle la corte.
      - State comodi, state comodi, - disse Grandet entrando; - come ve la passate nei giorni di festa, signor presidente?
      - Ma... in compagnia della signorina - rispose l'abate Cruchot, armato del suo mazzo di fiori - credo che per mio nipote tutti i giorni sarebbero giorni di festa. - E baciò la mano di Eugenia.
      Mastro Cruchot carezzò bonariamente la giovinetta sulle guance, e disse:
      - Ah, come il tempo corre! Ogni anno dodici mesi. -
      Rimettendo il lume a posto, Grandet che aveva l'abitudine di ripetere fino alla sazietà un suo motto di spirito, quando gli pareva buono, continuò:
      - È la festa di Eugenia; accendiamo le torce.
      Tolse con cura minuta i bracciuoli dei candelabri, mise ad ognuno i portacandele, prese dalle mani della Nannina una candela nuova, cui era attorcigliata una striscia di carta, l'assicurò al suo posto, l'accese e andò a sedere presso la moglie, guardando alternativamente gli amici, la figlia e le due candele.
      L'abate Cruchot, un ometto paffuto, grassotto, dalla parrucca rossa e piatta, dal viso di vecchia rubiconda, domandò movendo i piedi ben chiusi nelle forti scarpe a fibbie d'argento:
      - E i des Grassins non son venuti?
      - Non ancora - rispose Grandet.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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