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      - Spero, nipote mio, che troverete lassú quanto potrà occorrervi - disse la signora Grandet - Nannina!
      - Sarà difficile, cara zia, perché mi sembra di aver portato tutto il necessario. Permettete che auguri la buona notte a voi ed alla cuginetta. -
      Carlo prese dalle mani della domestica una candela di cera accesa, d'un bel giallo colorito, una candela dell'Angiò, tanto simile a una candela di sego, che il signor Grandet, il quale non sospettava nemmeno che potesse esistere quell'oggetto in casa sua, non s'accorse affatto di tanta magnificenza.
      - Vi faccio strada, - disse.
      Invece di passare dall'uscio della sala quasi appiccicato sotto la volta, Grandet volle per cortesia traversare il corridoio che separava la sala dalla cucina. Una porta con un largo pezzo di vetro ovale chiudeva quel corridoio dalla parte della scalinata e temperava l'aria fredda che riusciva a ingolfarvisi, benché d'inverno il vento gelato vi penetrasse ugualmente. Nannina andò a tirare i chiavistelli del portone, chiuse la sala, e sciolse nella scuderia un mastino dalla voce rauca, quasi avesse sofferto di laringite. Quell'animale, d'indole feroce, conosceva solo la fantesca; i due figli dei campi s'intendevano benissimo fra loro.
      Quando il giovane vide le mura giallastre e affumicate di quella specie di gabbia in cui la scala dai gradini tarlati tremava sotto il passo pesante dello zio, la sua meraviglia andò rinforzando, e gli parve di trovarsi in un pollaio. La zia e la cugina, verso cui si volse con muta interrogazione, erano tanto avvezze a quella scala, che non seppero comprendere il suo stupore, e, interpretandolo per un'espressione di amicizia, gli risposero con un sorriso affettuoso, che lo esasperò.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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