- Nannina, sta zitta e lasciami dormire. Faremo domani quel che occorre, e, se la mia veste ti piace tanto, salverai l'anima, non dubitare. Son troppo buon cristiano, e te la lascerò partendo, perché tu ne faccia quello che ti pare. -
Nannina rimase piantata su' due piedi a contemplar Carlo, incerta se prestar fede alle sue parole.
- Regalarmi quella galanteria!... - disse poi nell'uscire. - Già sogna il signorino. Buonasera.
- Buona sera, Nannina.
- Che son venuto a far qui? - pensò Carlo addormentandosi. - Mio padre non è uno sciocco, e uno scopo ci ha da essere in questo viaggio. Bah, a domani gli affari serii, diceva non so piú quale imbecille della Grecia. -
- Santa Vergine, com'è fino mio cugino! - pensò Eugenia interrompendo le preghiere che per la prima volta rimasero incomplete.
La signora Grandet non ebbe alcun pensiero nel mettersi a letto, e soltanto, attraverso la porta di comunicazione, udiva l'avaro andare su e giú per la stanza. Per un'attenta e continua osservazione richiesta dalla sua timidezza era giunta a conoscere a fondo il carattere del suo dominatore, e, simile alla procellaria che prevede l'uragano, aveva potuto quella sera da segni impercettibili presentire l'interna tempesta che agitava Grandet; quindi, per dirla con un termine da lei adoperato, faceva allora la morta. L'ex-bottaio guardava l'uscio del suo studio, foderato di lastre di latta, mormorando:
- Ma che idea bizzarra ha avuto mio fratello di affidarmi questo ragazzo? Bella successione! Per me, non ho venti scudi da dare, ma se anche li avessi, cosa mai sarebbero per un bellimbusto che fissa dietro l'occhialetto il mio barometro con l'aria di chi vuol buttarlo al fuoco?
| |
Carlo Nannina Carlo Grecia Vergine Eugenia Grandet Grandet Mio
|