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      Il fruscio di ogni foglia che cadeva dal suo ramo nel cortile sonoro, sembrava una risposta alle mute domande della fanciulla, che restava intanto là inconscia del fuggir del tempo. Poi dentro quell'anima si agitò qualche scrupolo ed, alzandosi, ella veniva innanzi allo specchio e vi guardava la sua persona, come un autore ingenuo contempla l'opera sua per scoprirne i difetti e dirsi male di se stesso.
      - Io non sono abbastanza bella per lui! - pensava Eugenia, umile e dolente.
      Certo la povera ragazza non era giusta verso se stessa; ma la modestia, o meglio la timidezza, è una delle prime virtú dell'amore. Ell'era una fanciulla di forte costituzione, come ve ne sono tante nella media borghesia, e la sua bellezza poteva anche sembrare volgare; ma, pur non somigliando alla Venere di Milo, aveva nelle forme l'impronta nobile e soave del sentimento cristiano, che purifica la donna e la circonda d'un'aria speciale, ignota agli scultori dell'antichità. Aveva la testa grande, la fronte maschia, ma delicata del Giove di Fidia: erano grigi i suoi occhi, nella cui pallida luce parea riflettersi intera la castità della sua vita. Le linee del viso rotondo già fresco e roseo, avevano un po' sofferto pel vaiuolo, abbastanza benigno da non lasciarvi traccia, ma tale da distruggere il velluto della pelle, sebbene questa si conservasse tuttavia cosí dolce e fine, che il puro bacio della madre v'imprimeva per un istante un segno rosso. Il naso era un po' troppo pronunziato, ma armonizzava con una bocca del piú bel carminio, spirante dalle labbra affetto e bontà, mentre di squisita modellatura appariva il collo.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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