- Avete un bellissimo anello - disse Eugenia - vi dispiace che lo osservi? -
Carlo tese la mano sfilandolo, e la fanciulla arrossí nello sfiorare con la punta delle dita le unghie rosee del cugino.
- Guardate, mamma, che bel lavoro!
- Oh, se ve n'è dell'oro! - esclamò Nannina che portava il caffè.
- Ma che diamine è questo? - chiese il giovane ridendo.
E indicò un vaso oblungo, di terra bruna, verniciato all'interno, in fondo al quale cadeva il caffè sospinto prima alla superficie del liquido bollente.
- È caffè bollito, - rispose la fantesca.
- Ah, zia, lascerò almeno qualche buona traccia del mio passaggio qui... Siete ancora molto indietro, a quel che vedo; ma v'insegnerò io a fare del buon caffè in una caffettiera alla Chaptal.
E tentò di spiegarne il sistema.
- Bene, bene - interruppe Nannina; - ma, se ci vuol tanto, non mette conto di servirsene... Per me non lo farò certo mai a quel modo. E chi raccoglierebbe l'erba per la vacca, se mi occupassi attorno al caffè?
- Lo farei io, - disse Eugenia.
- Bambina! - mormorò la madre guardandola.
A quella parola, che ricordava l'imminenza del dolore per l'infelice giovanotto, le tre donne tacquero fissandolo con un'aria di compassione che lo meravigliò.
- Che avete dunque, cugina?
- Zitta - ingiunse la signora Grandet alla fanciulla che era lí lí per tradirsi; - tu sai, figliuola, che tuo padre s'è proposto di parlar lui al signor...
- Dite semplicemente Carlo - osservò il giovane.
- Ah, vi chiamate Carlo? ... Che bel nome! - esclamò Eugenia.
Il male presentito arriva quasi sempre, e proprio in quel punto Nannina, la signora Grandet e la figlia, già inquiete all'idea del ritorno del vecchio bottaio, udirono un colpo alla porta ad esse ben noto.
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