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      - Ecco il babbo, - disse Eugenia.
      E tolse la sottocoppa con lo zucchero, lasciandone cadere qualche pezzo sulla tovaglia, mentre Nannina portava via il calice delle uova e la signora Grandet si alzava come una cerva spaventata. Fu un timor panico, di cui Carlo rimase stupefatto senza saperselo spiegare.
      - Cos'accade? - domandò.
      - Ma... ecco mio padre - rispose Eugenia.
      - Ebbene? -
      Il signor Grandet entrò, e in un solo sguardo penetrante vide tutto.
      - Ah, ah, avete fatto festa a vostro nipote... bene, benissimo, va benissimo! - disse d'un fiato, senza balbettare. - Quando non c'è il gatto i topi ballano.
      - Festa?... - pensò il giovane, incapace di sospettare il sistema di quella casa.
      - Dammi il mio bicchiere, Nannina! - aggiunse il vecchio.
      Eugenia portò il bicchiere, e Grandet, tratto di tasca un coltello di corno a larga lama, tagliò una fetta di pane, vi distese sopra con cura un po' di burro, e cominciò a mangiare in piedi. Carlo intanto metteva dello zucchero nel suo caffè ma, quando Grandet lo vide, scrutò il viso della moglie che impallidiva e fece tre passi chinandosi all'orecchio della poverina per sussurrarle:
      - E tutto quello zucchero dove l'avete preso?
      - Nannina è andata a comperarne da Fessard... Non ve n'era píú in casa... -
      È impossibile immaginare con qual profondo interesse le tre donne seguissero quella scena muta. La domestica aveva lasciato la cucina e sbirciava in sala per vedere come andassero le cose; mentre il giovanotto, trovando il caffè amaro, chiedeva lo zucchero, che Grandet aveva già messo sotto chiave.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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