- osservò la zia.
- Ta, ta, ta, ta - strillò Grandet; - ecco che incominciano le sciocchezze... Sento una certa pena, mio caro, nel vedere le vostre mani belle bianche. -
E cosí dicendo gli mostrò quella specie di spalle di montone che la natura aveva posto in fondo alle sue braccia.
- Ecco delle mani fatte per ammassar scudi! Voi invece foste educato a metter i piedi nella pelle con cui si fanno i portafogli per conservare i nostri biglietti di commercio. Male! male!
- Ma che volete dire, zio?... Confesso che non vi capisco.
- Venite! - rispose Grandet.
L'avaro chiuse lo sportello, bevve quel che restava del suo vino bianco e aprí la porta.
- Coraggio, cugino! -
L'accento della ragazza aveva messo il ghiaccio nel cuore di Carlo, che seguí il terribile parente in preda ad un'angoscia straordinaria. Eugenia, sua madre e la domestica passarono in cucina, eccitate da una invincibile curiosità di spiare i due attori della scena che stava per svolgersi nel giardinetto umido, dove il vecchio passeggiava ora silenzioso a fianco nel nipote. Grandet non si sentiva imbarazzato sul modo di comunicare a Carlo la morte del padre, ma provava quasi compassione sapendolo senza un soldo, e studiava le frasi per mitigare la espressione di quella realtà crudele. Dirgli: - Avete perduto il padre, - era nulla, perché d'ordinario i padri muoiono prima dei figli; ma dire: - Non avete piú un centesimo, - era come riunire in poche parole tutte le sciagure di quaggiú. E già per la terza volta faceva il giro del viale di mezzo, udendone la sabbia scricchiolare sotto i piedi.
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