Senz'altro credette all'atroce spiegazione che del fallimento le dava il padre a bella posta, evitando di spiegare la differenza tra fallimento involontario e bancarotta fraudolenta.
- Bene, babbo; ma non potevate voi impedire questa sventura?
- Mio fratello non mi ha chiesto consiglio, e poi... egli è debitore di quattro milioni.
- E cos'è mai un milione, babbo? - disse lei con l'ingenuità d'un bambino che crede di poter trovare lí per lí ciò che desidera.
- Un milione? - esclamò Grandet, - È un milione di pezzi da venti soldi, e occorrono cinque pezzi da venti soldi per fare cinque franchi
- Dio mio! Dio mio! - gridò Eugenia. E come mai lo zio possedeva quattro milioni? V'è forse qualcun altro in Francia che possa avere tanto denaro? -
Il vecchio si carezzava il mento e sorrideva, d'un riso strano, mentre Eugenia continuava:
- Che sarà di mio cugino Carlo?
- Partirà per le Indie, e là, secondo il voto di suo padre, potrà tentare la fortuna.
- Ed ha poi i mezzi per giungervi?
- Gli pagherò io il viaggio fino... sí, fino a Nantes. -
Eugenia gli saltò al collo.
- Ah, babbo, voi siete buono, voi! -
Quell'abbraccio fece quasi diventar rosso Grandet che sentiva un po' il rimorso della coscienza.
- Occorre molto tempo per accumulare un milione? - chiese lei.
- Perbacco! - rispose il bottaio. - Tu conosci quanto vale un napoleone?... Ebbene per arrivare a un milione ce ne vogliono cinquantamila.
- Mamma, faremo dire delle novene per lui.
- Ci stavo pensando - aggiunse la buona donna.
- Eccoci da capo! sempre spender denaro!
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