Verso il mattino ritenne di aver udito una terribile esclamazione, e si vestí subito alla scarsa luce dell'alba, accorrendo leggera presso l'uscio sempre aperto della stanza del giovane. La candela s'era consumata fino in fondo e Carlo, vinto dal bisogno fisico, dormiva vestito, in una poltrona col capo abbandonato sul letto e immerso nei sogni di chi ha lo stomaco vuoto. La fanciulla poté quindi piangere a suo agio ed ammirare il bel viso giovanile, impallidito dal dolore, gli occhi gonfi di lacrime che pareano scorrere anche nel sonno. Forse per una misteriosa corrente di simpatia, Carlo indovinò la presenza della giovinetta e, aprendo gli occhi, se la vide accanto tutta commossa.
- Scusate, cugina - mormorò quasi inconscio dell'ora e del luogo ove si trovava.
- Vi sono cuori che qui vi comprendono, cugino mio, e noi abbiamo creduto che aveste bisogno di qualcosa... Ma perché non vi coricate? Restando così, vi stancherete...
- È vero.
- Addio allora!
Ed uscí quasi fuggendo, vergognosa e felice di esser venuta.
Solo l'innocenza si arrischia a simili arditezze, poiché la Virtú istruita calcola bene quanto il Vizio. Eugenia, che non aveva tremato a fianco del cugino, poté appena reggersi sulle gambe quando fu in camera sua. La sua vita ignorante era cessata tutt'a un tratto; ella ragionò, si fece dei rimproveri. Cosa penserà di me? Crederà che l'ami... Ed era appunto questo che ella desiderava sopra tutto di fargli credere; giacché l'amore sincero ha forza divinatrice e sa bene che amore chiama amore.
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Carlo Carlo Virtú Vizio Eugenia
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