- Prendi, Cornoiller - disse lei nel fargli scivolare in mano dieci franchi - vedremo di compensare in seguito i tuoi servigi. -
Il guardiaboschi non rispose e si congedò.
- Signora - osservò la domestica disponendosi ad uscire con la cuffia nera in testa e la sporta al braccio - a me occorrono solo tre franchi; il resto tenetelo, e tutto andrà a dovere.
- Prepara un buon pranzo, Nannina - disse Eugenia - perché anche mio cugino scenderà.
- Bisogna proprio credere che qualcosa di straordinario stia per accadere - rifletteva la signora Grandet. - È la terza volta in tutto il tempo del nostro matrimonio che tuo padre invita a pranzo qualcuno. -
Verso le quattro, mentre Eugenia e la madre finivano di apparecchiar la tavola per sei persone e il padrone di casa recava su alcune bottiglie di quel vino squisito che con tanta cura conservano i provinciali, Carlo entrò in sala pallido e dimesso, con un'aria di graziosa tristezza nello sguardo e nella voce. Non fingeva il dolore, soffriva davvero, e quell'ombra di mestizia che n'oscurava il viso lo rendeva piú accetto alla fanciulla. Fors'anche la sventura li aveva maggiormente avvicinati, ed infatti non si trattava ora del ricco e bel giovane posto in un grado cosí elevato, cui ella non ardiva nemmeno aspirare, ma di un parente infelice caduto in orribile miseria; la miseria produce l'eguaglianza. Questo ha la donna di comune con l'angelo; gli afflitti in lei trovano rifugio. Carlo ed Eugenia si parlarono e si compresero soltanto con gli occhi, perché il povero orfano si sedette tacito, calmo e fiero, in un angolo, e là di quando in quando veniva ad accarezzarlo soave e luminoso lo sguardo della cugina, spingendolo a metter da parte i pensieri tristi e a lanciarsi con lei per i campi della speranza e dell'avvenire.
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