La città intanto era tutta sossopra per quel pranzo di Grandet ai Cruchot piú che non lo fosse stata il giorno avanti pel tradimento commesso con la vendita del raccolto in barba agli altri proprietari di vigne; ma egli poco si curava di Saumur, della quale si prendeva gioco. I des Grassins conobbero in breve il suicidio del padre di Carlo, e risolvettero di recarsi la sera stessa dal loro cliente per condolersi con lui ed appurare i motivi che, in tale circostanza, lo avevano indotto ad invitare a pranzo i Cruchot. Alle cinque precise comparvero il presidente de Bonfons e lo zio notaio, azzimati di tutto punto, e fu subito servito il desinare, cui fecero abbastanza onore. Grandet era serio, Carlo taciturno, Eugenia muta addirittura e la madre non parlò piú del consueto; quel pranzo poteva proprio dirsi di condoglianza. Al levar della mensa il giovane si rivolse agli zii:
- Vogliate permettere ch'io mi ritiri... Debbo attendere a una lunga e triste corrispondenza.
- Accomodatevi pure, nipote. -
E quando il vecchio calcolò che Carlo fosse occupato a scrivere e non potesse udir nulla di quanto si sarebbe detto, volse alla moglie uno sguardo di dissimulata furberia.
- Quello di cui parleremo, signora Grandet, vi sembrerebbe latino addirittura ed, essendo già le sette e mezzo, non fareste male a chiudervi nelle vostre lenzuola. Buona notte, figliuola. -
Dopo ch'egli ebbe abbracciato Eugenia, le due donne uscirono, e cominciò la scena in cui papà Grandet mise in opera la suprema astuzia acquistata nel lungo commercio con gli uomini, per cui spesso coloro che ne sentivano il morso troppo rude sulla pelle lo chiamavano vecchio cane.
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