- Cugino, devo chiedervi perdono d'una grave colpa che ho verso di voi, ed anche Dio mi perdonerà.
- Ma cos'è mai? - chiese il giovane stropicciandosi gli occhi.
- Ho letto quelle due lettere. -
Carlo arrossí.
- Com'è successo? - riprese lei. - Perché son salita fin qui?... A dir vero non lo so nemmen io, ma in fondo non credo d'aver fatto male a leggere quei fogli, perché cosí ho conosciuto il cuore vostro, l'anima e...
- E cosa? - interruppe Carlo.
- I disegni che vi proponete e l'assoluto bisogno di una somma...
- Cugina cara...
- Zitto, zitto, parlate piú piano, non destiamo nessuno. Ecco le economie di una povera ragazza, a cui nulla manca; accettatele, Carlo. Stamane io non sapevo che fosse il denaro; l'ho imparato da voi. Un cugino è come un fratello, quindi prendete senz'altro in prestito da vostra sorella ciò che vi occorre. -
Egli tacque. Nella semplice inesperienza di fanciulla, Eugenia non aveva previsto il caso di un rifiuto, e si trovò confusa dal silenzio del cugino.
- Che? vorreste forse rifiutare? - chiese con un palpito cosí forte, che lo s'udiva per la stanza; in quello slancio di voler porgergli aiuto ad ogni costo, gli s'inginocchiò dinanzi. - Oh, io non mi levo finché non avrete accettato quest'oro! Una risposta, cugino, vi prego! ... Ditemi se siete generoso, se mi fate l'onore, se... -
A quel grido di santa preghiera il giovane sentí le sue lacrime scorrere sulle mani della cugina, che egli aveva stretto per impedirle d'inginocchiarsi; ella, levatasi d'un tratto, afferrò la borsa versandone sulla tavola il contenuto.
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Dio Carlo Carlo Eugenia
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