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      - Signor Grandet - disse poi a Carlo - io vado a Parigi e se aveste commissioni...
      - Grazie, signore, nessuna - rispose il giovane.
      - Ringraziatelo un po' meglio, nipote; si reca alla capitale per regolar gli affari della Ditta Guglielmo Grandet.
      - V'è ancora qualche speranza?
      - O che non siete mio nipote? - gridò il bottaio con tono d'orgoglio abilmente affettato. - Non ci appartiene anche il vostro onore? Non vi chiamate forse Grandet? -
      Carlo fu in piedi d'un balzo, abbracciò lo zio, lo baciò, impallidí ed uscí, mentre Eugenia contemplava il padre con ammirazione.
      - Dunque arrivederci, mio buon des Grassins, e cercate di trar bene nella rete quei signori. -
      I due diplomatici si strinsero la mano e il vecchio accompagnò il banchiere fino all'uscio, che chiuse accuratamente, e nel rientrare si gettò sulla poltrona dicendo a Nannina:
      - Dammi un po' di liquore!
      Ma non seppe star fermo per l'interna emozione, e, fissando il ritratto del signor de La Bertellière, si alzò subito mettendosi a cantare, facendo qualche passetto.
     
      Nelle guardie francesiAvevo un buon papà...
     
      La domestica, Eugenia e la madre si guardarono mute; l'allegria troppo spinta del vignarolo faceva loro sempre paura; ma presto la serata fu chiusa. Papà Grandet disse di voler andar a letto prima del solito, e quando si coricava lui, tutto doveva dormire in casa, allo stesso modo come la Polonia intera doveva essere ubbriaca quando Augusto beveva. D'altra parte Nannina, Carlo ed Eugenia si sentivano stanchi come il padrone, e la signora Grandet dormiva, mangiava, beveva e camminava secondo gli ordini del marito.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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