- Per lui, per lui soffrirei mille morti - pensava rivolgendo alla madre vivi sguardi per farle animo.
Alle undici la colazione era finita, e Grandet chiamò la domestica.
- Sparecchia, e lasciaci la tavola... Saremo piú comodi, Eugenia, per contemplare il tuo piccolo tesoro. Ma... non tanto piccolo, poi! Tu hai già, valore intrinseco, cinquemila novecento cinquantanove franchi e con i quaranta di stamane manca una lira a far seimila. Bene, per arrotondare la somma ti darò io questa lira; perché, ascolta, figlietta... Come? non ascolti?... Nannina, mostraci i tuoi tacchi e va per le tue faccende... - Nannina scomparve. - Dunque senti; bisogna che mi dia il tuo oro, e non credo che vorrai rifiutarlo al babbo che non ne ha piú. Ti renderò seimila franchi in lire e le impiegherai nel modo che ti suggerisco. Non è piú il caso di pensare alla dote; maritandoti fra breve, saprò scovarti uno sposo che t'offra il miglior regalo di cui si sia mai parlato nella provincia. Sta quindi attenta, figliuoletta mia. C'è una magnifica occasione per impiegare il tuo denaro in cartelle del debito pubblico; ad ogni semestre tu avrai duecento franchi d'interesse, senza imposte, senza spese di manutenzione e senza rischi di grandine, di geli, di maree e di quant'altro mette in pericolo le rendite immobiliari. Ti dispiace lasciar quell'oro, eh, bambina?... Dammelo subito e non dubitare, che troverò ancora per te monete simili, olandesi, portoghesi, rupíe del Mogol, genovesine. Con i regali delle feste, in tre anni avrai rifatto la metà del tesoretto.
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Grandet Eugenia Mogol Nannina Nannina
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