Erano le prime ore d'un bel giorno di giugno quando mastro Cruchot comparve davanti al vignarolo, che se ne stava seduto sul banco a riguardar la fanciulla.
- In che vi posso servire, mastro Cruchot? - chiese Grandet vedendo il notaio.
- Dovrei parlarvi di affari.
- Ah, ah, vi è forse capitato un po' d'oro da cambiare con gli scudi?
- No, no, non si tratta di denaro, ma di Eugenia; tutti ciarlano dei fatti vostri.
- Di che s'immischiano? Ogni carbonaio è padrone in casa propria.
- Certamente; ognuno è padrone anche di ammazzarsi o, quel ch'è peggio, di gettar dalla finestra le proprie ricchezze.
- Come? Come?
- Mi sembra chiaro... Vostra moglie è malata assai, amico mio... Sarebbe bene che consultaste il signor Bergerin, poiché ella corre pericolo di vita, e, se muore senza le cure convenienti, non so quanto possiate star tranquillo...
- Ta, ta, ta, ta; sapete ciò che ha mia moglie! Questi maledetti medici, non appena mettono il piede in casa, ve li trovate addosso cinque o sei volte al giorno.
- Insomma, Grandet, fate pure come vi piace; ma, per l'amicizia sincera che nutro verso di voi e per l'interesse che prendo alle cose vostre, mi son creduto in dovere di parlarvi. Del resto, qualunque cosa accada, sapete ben regolarvi; è una faccenda forse piú grave quella che mi conduce... perché... in fondo, vostra moglie vi è utile e la sua salute perciò deve premervi... Ma, se quella poverina muore, come vi troverete di fronte alla figlia?... Data la comunione di beni fra voi coniugi, dovrete fare i conti con Eugenia.
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