Pagina (190/215)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Perciò la fanciulla soffriva, e la ricchezza non poteva recarle conforto; ella viveva soltanto per l'amore, per la religione, per la fede nell'avvenire. L'idea dell'eternità le si svelava nell'amore, e il cuore ed il Vangelo le indicavano due mondi ignoti da scoprire. Assorta continuamente in quei gravi pensieri infiniti, si pasceva nell'intimo della illusione di amare ed essere amata, ed in sette anni la passione l'aveva invasa e la dominava. Non consistevano nei milioni e nelle rendite annue i suoi tesori, ma nel cofanetto di Carlo, nei due ritratti appesi al capezzale del letto, nei gioielli riscattati da suo padre e accuratamente disposti sull'ovatta entro il cassettone, nel ditale della zia che sua madre aveva usato e che ella con religiosa reverenza prendeva ogni giorno per lavorare ad un ricamo, nuova tela di Penelope, incominciata soltanto allo scopo di vedersi in dito quel cerchietto d'oro cosí pieno di ricordi.
      Poiché si conosceva la schietta affezione della signorina Grandet, non era verosimile che ella potesse passare a nozze prima di deporre il lutto, e quindi la famiglia Cruchot, seguendo l'alta diplomazia del vecchio abate, prese a blandirla con ogni sorta di amorose cure. Accorrevano ogni sera in casa i piú ferventi e devoti crusciottiani, sforzandosi di ripetere in tutti i toni le lodi della giovane; in quella compagnia erano il medico ordinario di camera, il grande elemosiniere, il ciambellano, la prima dama, il primo ministro e persino un cancelliere. Se avesse desiderato un porta-coda, immediatamente qualcuno si sarebbe offerto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





Vangelo Carlo Penelope Grandet Cruchot