E benché da principio Eugenia si facesse di fuoco al coro di lodi che le si rivolgeva, pure a poco a poco trovò cosí piacevole sentir vantare la propria bellezza, che una voce discorde l'avrebbe certo ferita, e finí con l'adattarsi ben volentieri ad essere considerata come sovrana ed a vedersi ogni sera circondata dalla sua corte. L'eroe del ristretto circolo era sempre il presidente de Bonfons, di cui si vantavano senza posa lo spirito, l'aspetto, la dottrina e la genialità. V'eran di quelli che richiamavano l'attenzione sui beni di lui, molto accresciuti in sette anni, dicendo che Bonfons rendeva almeno diecimila franchi e si trovava incuneato, come quasi tutte le terre dei Cruchot, nei vasti dominii della giovane erede.
- Sapete, signorina - soggiungeva un altro - che i Cruchot mettono insieme quarantamila lire di rendita?
- E poi hanno denaro da parte - osservava una vecchia crusciottiana, la signora Gribeaucourt. - Ultimamente da Parigi hanno offerto al notaio duecentomila franchi del suo studio, ed egli lo venderà se lo nominano giudice di pace.
- Si avvia a succedere al signor de Bonfons nella presidenza del tribunale - rispondeva la signora d'Orsonval; - giacché sarà fatto in breve consigliere e quindi presidente della Corte... Non gli manca nulla per far carriera.
- Sí, è un uomo distinto assai - diceva un quarto. - Non vi sembra, signorina?
Per parte sua il presidente si sforzava di rappresentar bene la sua figura e, quantunque già sui quarant'anni, col viso bruno burbero e floscio, come d'ordinario son quelli dei magistrati, assumeva arie da giovanotto, scherzava con una sottile canna d'India, non prendeva tabacco dinnanzi alla signorina di Froidfond e veniva sempre in cravatta bianca e sparato a grosse pieghe, che lo facevano rassomigliare molto ad un tacchino.
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