Forte di quel particolare intuito che il solitario acquista ed affina con la meditazione continua e col modo squisito di considerare le cose che si svolgono nel proprio ambiente; avvezza dalla sventura e dall'ultima esperienza a indovinar tutto, Eugenia sapeva benissimo come il presidente desiderasse la morte di lei per essere in possesso delle immense sue ricchezze, cui s'erano aggiunti i patrimonii di suo zio notaio e di suo zio abate, che il Signore aveva voluto chiamare a sé. E la Provvidenza pensò a vendicarla dei disegni e dell'apatia infame di uno sposo che rispettava, quale precipua garanzia, la passione disperata di lei. Mettere al mondo un bambino non era forse come troncar le speranze dell'egoismo, le gioie dell'ambizione carezzate da quell'uomo? Dio largí quindi cumuli d'oro alla mesta reclusa, alla quale dell'oro nulla importava, e che tendeva al cielo, pia, buona, instancabile soccorritrice dei miseri, in segreto.
La signora de Bonfons rimase vedova a trentasei anni ricca di ottocentomila lire di rendita, bella ancora ma come lo è una donna sulla quarantina. Nel viso bianco e placido, nella voce mite e soave, nelle semplici maniere, mostrava la nobile dignità del dolore, la purezza di chi non ha macchiato l'anima a contatto del mondo. Malgrado la enorme rendita, ella visse come già aveva vissuto la povera Eugenia Grandet, facendo accendere il fuoco in camera all'epoca stessa in cui una volta lo permetteva suo padre e curando che fosse spento pure nei medesimi giorni.
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