E poiché la tua malattia, causata dalla privazione del vero farmaco e dall'abuso dei palliativi, è gravissima, occorre che tu apparecchi subito le valigie per andare lontano di qui alla ricerca della guarigione. Conosco i tuoi timori e gli scrupoli: e, per ciò appunto, ti mando fuori dalla tua terra, ove il rimedio costituirebbe scandalo e, quindi, peccato". "Ma qual è il farmaco?", chiesi. "È l'amore!", sentenziò il savio medico. "Ma l'amore non si risolve sempre in peccato?", obiettai timido. "No, figliuolo, se non è esposto a nudo e non dà scandalo".
La specchiera traballava tutta, così intenso era il suo sforzo onde contenere le risa. Ma, ad un tratto, ridivenne seria e immobile.
- Scusi, vuol essere svegliato per tempo, domattina?
La voce, che passava a traverso l'uscio, aveva un suono fresco e squillante: voce di donna, e di donna giovane.
- Entri! Così, potremo intenderci meglio.
La porta si aprì. E rimase aperta solo il tempo necessario per dare passaggio a un corpo non troppo voluminoso, anzi piuttosto mingherlino, ma, in compenso, eccessivamente irrequieto.
- Per favore, non chiuda. Devo scappar via subito. Ho mille incombenze da sbrigare. Sa! L'albergo è grande, ed io son così piccola!
- Abbia pazienza. Chiudo per evitar la corrente. E ho bisogno di spiegarle tante faccende. Per esempio, il caffè, al mattino, mi piace con un poco di latte: oh, poco poco, perché non mi rammenti un biberone della mia infanzia! Ma con molti biscotti: moltissimi, anzi.
- È goloso, il monello!
- Così. E mi fanno gola anche le ciliege, se somigliano alle sue labbra!
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