- Stia fermo! Oh, quanta furia!
- Non è mia la colpa, se non ho tempo da perdere.
- Si spieghi.
- Mi spiego. Devo trovare senza indugio il farmaco che guarisca una grave malattia.
- Quale malattia?
- Abuso di palliativi. E un savio esculapio mi ha detto che c'è un solo rimedio: l'amore.
- E si rivolge a me, per questo farmaco?
- Il venerando esculapio ha soggiunto che l'amore esige luogo acconcio a evitare ogni motivo di scandalo ed una vivace pedagoga.
- Che le impartisca un corso, possibilmente accelerato, di lezioni.
- Ecco! Proprio così!
- Stia fermo! Ouf! La finisca!
- Finirò se la pedagoga vorrà cominciare.
- Badi che le lezioni costano un occhio.
- Si spieghi.
- Mi spiego. Ogni fatica merita premio. Anche le pedagoghe, dunque, hanno diritto a un compenso. E se, poi, si tratta di un corso accelerato...
- Capisco. Ma potremmo riparlarne più tardi!
- Piano! Oh, i miei capelli. Piano, per carità! Guai se l'albergatore sospettasse!
- L' albergatore?
- Sì... No! No! N...
L'ultimo "no" rimase entro la strozza, sopraffatto dal brusco sbatacchiar della porta. Un urlaccio, una fuga rapida della servetta: poi, l'uscio si richiuse.
E si riaprì soltanto dopo che Macario, vergine e martire, ebbe deposto, sopra la palma aperta di una mano d'ostiere, il prezzo di un ammaestramento, che nessuno gli aveva impartito.
IV
Poca cosa una servetta; né c'era da rammaricarsi troppo, alla fin fine, per l'intervento dell'albergatore. Una gentildonna, al contrario, una onorata sposa poteva lusingare l'orgoglio e consentire all'anima di nutrir fede in una assai miglior soluzione.
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Macario
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