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      Ciò avvenne allorché, trattandosi in consiglio di famiglia il grave argomento della cerimonia nuziale, il discorso cadde sovra i fiori di arancio.
      - E perché non dovrei adornarmene?, chiese la fidanzata.
      - Ne hai diritto, al pari di me!, rincalzò Undimilla vergine sfidando col corrucciato sguardo gli oppositori.
      Discordi erano le opinioni: e gli animi tesi non avrebber, forse, trovato un mezzo per rilassarsi e incanalare verso un unico sfocio le lor contrastanti energie, se zia Sofonisba non si fosse, in buon punto, interposta.
      - Perché litigare?, ella domandò. Le nozze esigono i fiori d'arancio. Li abbia, dunque, la sposa: e, se non potranno esser veri, siano pure di stoffa ritagliata. Così fu composto il dissidio. E, senza nuove difficoltà, si giunse al giorno del fausto evento. Tranquilla era la sposa, poiché nulla poteva rimproverare a sé stessa: turbato, invece, lo sposo, poiché si temeva indegno di possedere un simil tesoro. E, inoltre, perché, affacciandosi dal finestrino della carrozza, avviata verso il municipio, vedeva dietro di sé snodarsi una lunga fila di vetture, su ciascuna delle quali era stata deposta una ricca corona di fiori con larghi nastri neri o violetti fregiati di caratteri d'oro. Funebre era, veramente, il corteo; e i fiori eran fiori di tristezza; e su ogni nastro si leggeva:
     
      AL NOSTRO AMORECHE MUORE.
     
      Ma, intorno alla mensa nuziale, i numerosi convitati scacciaron le tetre idee e la melanconia dei ricordi per abbandonarsi all'onesta letizia, che si addice ad eventi consimili.


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Il beato Macario
Romanzo mattacchione
di Pierangelo Baratono
pagine 59

   





Undimilla Sofonisba