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      Invermigliata, se non di pudore, di ben elaborate creme, la sposa accoglieva i complimenti con un lieve sorriso, porgendoli subito dopo, con una schietta risata, al consorte. Lo sciampagna schiumeggiò, infine: e, con esso, schiumeggiarono i brindisi, fitti, brevi e sonori come gragnuola che batta improvvisa sopra una tettoia di metallo e ancor più improvvisa si taccia.
      - Fortunato te, o sposo, poiché troverai aperta la via della felicità!, dicevano i commensali alzando il calice propiziatore.
      - Fortunata te, o sposa, poiché il tuo consorte è simile a Cupido, l'Iddio bendato!
      - Avrai, o sposo, una moglie ubbidiente, poich'ella è donna che non seppe mai dire di no!
      - E tu, sposa, adora tuo marito, poich'egli è già destinato al regno dei cieli!
      Ma, allorché Macario e Clorinda, sua diletta consorte, abbandonata la tavola si avviaron lenti verso la stanza matrimoniale assieme al commosso gruppo dei famigliari, tutti gli invitati scoppiarono in pianto: e parve quella, allora, non un'adunata di nozze, bensì un'accolta di mascoline prefiche, chiamate per una cerimonia mortuaria. Anche la sposa si volgeva indietro con occhi lacrimosi. Macario, no: e sarebbe stato pieno di gioia, se non avesse sentito pesargli un poco la fronte.
     
      XI
     
      Scioltesi le tenebre, che avean protetto il talamo coniugale, e sorta l'aurora a tinger di roseo il pallido orizzonte, un intollerabile ansietà spinse fuor dal lettuccio austero il venerando esculapio e lo stimolò a recarsi, per notizie, dal non più vergin Macario.


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Il beato Macario
Romanzo mattacchione
di Pierangelo Baratono
pagine 59

   





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