Prima che tu ti lasciassi distaccare, rigoglioso pomo, dall'albero, gli uomini malvagiamente coltivavano il loro orgoglio e i vizi della lor carne peccatrice. E nessuno altrui assomigliava: ma c'era il guerriero ardimentoso e il mercatante irrequieto e il nobile aedo e la cortigiana ricca di facondia e di vezzi. Oggi, o Civiltà, gli uomini hanno addentata la tua polpa succosa: e si assomigliano tutti. E i guerrieri non vedon più la battaglia; e i mercatanti non solcan più i mari; e gli aedi barattan parole d'oro con scudi di argento; e le cortigiane apron le labbra solo per domandar la mercede. Nessun orgoglio alimenta più i vizi, poiché í grandi vizi più non esistono. Esiste, invece, un idolo adorato da tutti e da tutti ubbidito al par della legge: e si chiama Civiltà. Ed è il bastone del pastore Destino, che guida il gregge degli uomini, finalmente livellati, verso l'ovile di un'altra livellatrice: la Morte.
Ma se i tuoi pregi sono molti, o Civiltà, molti sono anche i tuoi inconvenienti. Per te un rapinatore di borse, disdegnando i pochi spiccioli dei viandanti, apre alle casseforti dei risparmiatori il tranello di una solida Banca; per te, i pavoni dall'ampia coda e dall'esigua cervice, abbandonato il natio cortile e strappata una penna al loro stesso corpo, si trasformano in rappresentanti della pubblica opinione. E per te Clorinda, sposa civilizzata e progressista, adoprando i frammenti del maritale programma per preparare i riccioli della chioma, irride a Macario e lo astringe a citar la legge ed i testi.
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