Né preghiere né lusinghe valsero a placare il collerico: e l'umiliato sposo dovè non solo rinunciare ad ogni cavalleresca usanza, ma abbandonare altresì la tavola e la sala.
Calate le tenebre sulla terra, Macario, cui i pimentati cibi e i vini generosi suggerivano ardite idee e virili risoluzioni, cauto varcò la soglia della camera nuziale, avviandosi verso il talamo, ove una serica coltre modellava le potenti formosità della sposa. E già si chinava a svegliar la dormiente con un onesto bacio maritale, allorché vide l'ospite sbucar fulmineo e balzare iroso e interporsi, con schiamazzi e minacce, tra le mascoline labbra e la femminea epidermide. Le più inzuccherate parolette e i più affettuosi vezzeggiamenti, anziché placare il collerico, ne aumentaron la furia. E Macario dovè allontanarsi mogio non solo dal giaciglio, bensì dalla camera stessa.
Trascorsa la notte fra tormentosi sogni, inspirati dal pimento dei cibi e dalla generosità delle bevande, il martire scese sull'alba dal provvisorio lettuccio, apparecchiato dalle sue mani medesime in un remoto angolo della casa, e s'avviò verso la sala da pranzo, ove gli svariati latticini della colazione avrebber calmati i sensi e fugate le ultime ombre dei sogni. Ma l'ospite era già lì, accampato come un vincitore. E il suo odio doveva aver raggiunto l'apice dell'intensità, poiché senza il più lieve indugio, all'apparir di Macario, esplose in così rumorosa e terrificante forma, da indurre il malcapitato a una precipitosa ritirata. Un odio cieco non dà tregua, e non ascolta ragioni; anzi, persegue il proprio oggetto con raddoppiato furore ad ogni tentativo di pace.
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