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      XX
     
      Come il poverello di Assisi, le ascetiche membra chiuse nel rozzo saio, s'aggirava per le campagne a elogiare le creature e il Creato, e con dolce nome di sirocchie salutava le alate bestiole pigolanti fra i rami e la luna navigante in eterno viaggio per i cieli silenziosi; così Macario, indossato il cilicio della penitenza, si aggirava fra gli uomini, a guisa di fratelli abbracciandoli e ricevendo con lieto cuore i loro sgarbi. Né trascorreva giorno alcuno, senza che il pio martire dèsse chiaro segno della propria benignità.
      Diffusasi rapidamente la voce di quegli esemplari costumi, non ci fu persona, che trascurasse di attinger acqua lustrale alla nuova fonte di salute ponendo a dura prova la rassegnata pazienza di Macario e traendo motivo di edificazione dai risultati dell'approccio. E tale era il beneficio, elargito da quel sant'uomo non solo ai singoli, bensì anche alla collettività intiera, che nessuna lite, nessun dissidio turbava più gli animi e la contrada. Allorché, di fatti, sorgeva baruffa tra due, gli inveleniti antagonisti non tardavano a trovar sfogo e sollievo alla collera recandosi in fretta da Macario e rivolgendogli le ingiurie, che avrebber dovuto, altrimenti, barattarsi fra loro, e in pieno viso il reciproco odio sputandogli. E sulle bocche di tutti cominciò a correr proverbiale la frase:
      - Goda, fra i due litiganti, Macario!
      Un giorno, il pio martire capitò in un crocchio di conversatori.
      - Nessuno ha diritto d'inorgoglirsi al pari di me, diceva un banchiere.


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Il beato Macario
Romanzo mattacchione
di Pierangelo Baratono
pagine 59

   





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