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      Qualche volta, anche i garzoni del villaggio cercavano di stuzzicarla.
      Uno cominciava:
      - Sei carina, ma se sorridessi saresti la pių bella di tutte.
      - Se tu sapessi baciare, - proseguiva un secondo, - saresti la pių amata di tutte.
      E un terzo concludeva:
      - Se tu ti mostrassi come le altre, saresti la pių occupata di tutte.
      La scontrosa, che aveva un carattere molto risoluto, li rimbeccava:
      - Non siete proprio buoni a niente. Invece di lavorare, perdete il tempo a dar noia alle ragazze.
      E quelli a ridere, a ridere da tenersi la pancia.
      La domenica sera, giovanotti e fanciulle si radunavano sotto la sua finestra per farle dispetto; e poi ballavano come disperati e si rincorrevano e s'abbracciavan negli angoli, ch'era un piacere a vederli. Qualcuno, ogni tanto, alzava il naso per aria e gridava:
      - Ohč, musona! Guarda come ci divertiamo. Vieni gių, che ci sono amorosi anche per te.
      Ma lei zitta. Non voleva male a nessuno; desiderava soltanto che la lasciassero tranquilla. Dunque?
      E correva spesso a confidarsi con la comare, una vecchietta tutta rughe e consigli, che abitava in una casina piccola piccola, nel mezzo della foresta.
      - Comare, - chiedeva, - č vero che gli uomini non valgono niente, ma niente?
      - Certo, figliuola; - rispondeva la vecchia cincischiando fra le mascelle sdentate.
      - Quando sono occupati, - insisteva la scontrosa, - somigliano a bestie da macina; quando vanno a zonzo, sembrano tanti paperi in cerca di una pozzanghera. Faccio bene a tenerli lontani.
      - Guai a te, se s'avvicinassero, - borbottava la vecchia.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119