E subito lei tira la cordicella e la porta si apre.
L'uomo rise di nuovo.
- Di che ridi?, - domandò la scontrosa impermalita.
- Rido di te, che giri da sola pel bosco e non sai che c'è il lupo.
- Sicuro che lo so. Ma se viene gli taglio la gola, - rispose lei.
E mostrò il coltellaccio. Ma lo tirò fuori per la punta, poichè non lo poteva impugnare, tanto il manico dell'arnese era grosso.
- Adesso me ne vado, - concluse. - La comare conta i minuti: e non le darei una pena neanche se m'offrissero il paradiso.
- Arrivederci, piccina, - gridò l'uomo.
Poi s'allontanò di corsa ridendo sgangheratamente.
*
- Toc, toc.
- Chi è?
- Comare, son io, la tua figlioccia, che ti porta i pasticcini con la panna montata.
L'uscio si spalancò subito davanti alla scontrosa. Ma, nella stanza, c'era buio pesto.
- Perchè hai chiuso le imposte, comare?
- Perchè mi sento bruciare gli occhi, e la luce mi dava noia.
- Perchè hai la voce così roca, comare?
- Perchè son raffreddata. Posa i pasticcini, figliuola, e vieni a ficcarti nel letto per scaldarmi.
La scontrosa ubbidì, si spogliò e, a tentoni, raggiunse il lettuccio.
- Staremo a disagio, comare; - disse insinuando una gamba fra le lenzuola.
- Sei così piccola! Ti rannicchierai.
- Bada che, quando dormo, tiro la gente per i capelli.
- Più tirerai, figliuola, e più mi farai contenta.
Appena si fu allungata sotto le coperte, la scontrosa si sentì abbracciare.
- Come mi stringi, comare, - esclamò.
- È per scaldarmi meglio, figliuola.
- Ma mi fai male, comare!
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